permesso di soggiorno rilasciato dalle autorità di uno Stato membro a seguito di una procedura unica di domanda che permette a un cittadino di un paese terzo di soggiornare legalmente nel territorio dello Stato membro per motivi di lavoro.
Categoria: P
Paese terzo sicuro
Un paese terzo che tratta un richiedente protezione internazionale in ottemperanza ai seguenti principi:
(a) la vita e la libertà non sono minacciate per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza a un particolare gruppo sociale;
(b) non sussistono rischi di danno grave per come definito dalla Direttiva 2011/95/UE sulle qualifiche – rifusione;
(c) il principio di non-refoulement per come viene sancito dalla Convenzione di Ginevra del 1951 e Protocollo di New York del 1967 viene rispettato;
(d) il divieto di allontanamento, in violazione del diritto alla libertà dalla tortura e da trattamenti o pene inumane, degradanti o crudeli come stabilito dal diritto internazionale, è rispettato; e
(e) esiste la possibilità di richiedere lo status di rifugiato e, qualora si venga riconosciuti come rifugiati, si riceve protezione in conformità con la Convenzione di Ginevra del 1951 e Protocollo di New York del 1967.
Persona che compie ritorno
Persona che si muove da un paese ospitante al suo paese di origine, di cittadinanza o di dimora abituale, di solito dopo aver trascorso un significativo periodo di tempo nel paese ospitante. Il ritorno può essere volontario o forzato, assistito o spontaneo.
Programma di ritorno
Programma di supporto al ritorno (ad esempio di tipo finanziario, organizzativo, di consulenza), che comprende eventualmente misure di reintegrazione per colui che ritorna da parte dello Stato o da un terzo, per esempio, un’organizzazione internazionale.
Paese di origine sicuro
Paese per il quale – sulla base della situazione giuridica, dell’applicazione della legge all’interno di un sistema democratico e della situazione politica complessiva – si può dimostrare che non vi è generalmente e costantemente persecuzione ai sensi dell’articolo 9 della Direttiva 2011/95/UE, né tortura o trattamenti disumani o degradanti, né pericolo a causa di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.